Barcelona vs Inter: post match report
É il montjuic ad ospitare la semifinale d'andata di UEFA Champions League terminata in pareggio con un emozionante 3-3. Una lotta frenetica in cui il risultato viene aggiornato a battiti di ciglia
Barcelona-Inter, 3-3 da infarto: nessun vero sconfitto in campo, ma con il vincitore sugli spalti — lo spettatore.
E’ doveroso iniziare con un sentito messaggio a tutti coloro che purtroppo non hanno avuto il piacere di assistere con i propri occhi a 90 minuti di spettacolo puro. Una partita totalmente opposta rispetto all’altra semifinale giocata a Londra ma travolgente in egual modo. Le due squadre sotto il cielo di Barcellona si sono date battaglia fino al triplice fischio mettendo da parte eleganza e, in parte, anche tattica.
Riassunto e momenti chiave
Ore 21:00, fischietto in bocca per Turpin e via alla seconda semifinale di UEFA Champions League. Passano a mala pena 30 secondi che Turpin é di nuovo protagonista perché Marcus Thuram, appena rientrato da un infortunio, tira fuori dal cilindro un colpo da campione: col tacco insacca nella porta blaugrana il primo pallone della partita. I minuti scorrono sul cronometro e la partita inizia finalmente a stabilizzarsi o almeno fino a quando dalla sinistra Dimarco é pronto a battere un calcio d’angolo. Cross sul secondo palo ad uscire con Acerbi che svetta e fa da torre per la rovesciata di Dumfries: al 21’ del primo tempo é 0-2 Inter. La partita sembra incanalata in un’unica direzione — tutt’altro che favorevole ai padroni di casa, preda del sistema creato dal “Demone” di Piacenza.
L’Inter però aveva dimenticato di fare i conti con una “piccola” variabile, o meglio giovanissima: all’interno del rettangolo Lamine Yamal é inarrestabile. Finta di corpo e dribbling secco su Mkhitaryan, entra in area di rigore e una volta che apre quel mancino per andare a giro sul secondo palo sono solo che guai per Sommer che non può altro che guardare il pallone sbattere sul palo e inserirsi alle sue spalle. Nemmeno due minuti dopo che il diamante blaugrana é di nuovo a danzare sulla fascia destra. Stavolta a salvare l’Inter é però un provvidenziale intervento di Sommer che, deviando sulla traversa il pallone, ha salvato Dimarco dall’avere gli incubi prima ancora dell’intervallo.
¡NON RIPROVATECI A CASA —un mancino così ha tutte le carte in regola per diventare al pari di Messi e Maradona!
Sulla mezz’ora di gioco é possibile osservare perfettamente la tattica di Flick che, spostando i suoi giocatori in una difesa a 3 permette una quantità folle di recuperi nella 3/4 offensiva creando un vero e proprio assedio per la porta Nerazzurra. Dopo dieci minuti di pressione assoluta, il pareggio del Barça era inevitabile quasi quanto il destino. La squadra di Inzaghi cede mentalmente e, unito alla mancanza generale di condizione fisica, il tutto é purtroppo coronato dall’infortunio muscolare del suo numero 10.
Al rientro dagli spogliatoi l’Inter sembra aver ritrovato calma e finalmente ritmo partita, riuscire a sfruttare la netta debolezza difensiva delle squadre di Flick diventa così molto più semplice. Nel primo terzo del secondo tempo occasioni da una parte e dall’altra, ma nulla di clamoroso, finché l’Inter conquista l’ultimo corner della partita. Esattamente come nel primo tempo viene battuto ad uscire sul secondo palo e, seppur questa volta non ci siano state ulteriori sponde, l’esito rimane lo stesso: gol di Dumfries per Inter. Ammetto che non ho fatto in tempo di appuntarmi qualche considerazione tattica sul precedente gol che, meno di due minuti dopo, Rapinha riaccende i cuori blaugrana con una sassata in grado di sfondare un muro di cemento armato. I restanti 20 di partita sono stati tutto fuorché piacevoli per gli analisti delle rispettive panchine. Per il Barça la ricerca del gol del vantaggio era diventata ossessione e, seppur abbiano creato diverse occasioni sfruttando proprio quelle piccole falle in un sistema quasi perfetto quale il 3-5-2, gli enormi spazi lasciati dai padroni di casa e la scelta di difendere uomo su uomo contro una squadra che si nutre di triangolazioni in verticale ha visto gli ospiti nettamente più pericolosi con addirittura un gol annullato.
Finisce 3-3, e una cosa è certa: martedì 6 maggio alle 21:00 non prendete impegni. San Siro diventerà un’arena degna del Colosseo, dove 22 gladiatori si batteranno fino all’ultimo respiro.
Classe 2007, piedi da leggenda: non ci sono aggettivi per descrivere Lamine Yamal
Potrei poter provare a scrivere un poema per descrivere questo ragazzo, eppure sento che mancherebbe sempre qualcosa: la partita che verrà. Già perché quando sembra di aver visto tutti i jolly del “Bambino più bravo di tutti, quello col 19 sulla schiena” —come direbbe Luigi Garlando—ecco che, non appena tocca palla, ne estrae un altro dal mazzo. Una serata all’insegna del fuoriclasse quella messa in scena da Lamine Yamal, ed é quindi doveroso rendere omaggio ad un signore sconosciuto ai più: Isidre Gil, osservatore della società catalana. “Il ragazzo si presentò al provino senza scarpini, ma fu preso. Scriva così, mi raccomando: diventerà più forte di Messi. Sarà l’epoca di Lamine Yamal” raccontò lo scout blaugrana al presidente di “La Torreta” una squadra giovanile di Barcellona.
In un crescendo di giocate e invenzioni, Yamal ha già scritto e ogni settimana riscrive la storia: chiudi gli occhi e sogna perché il prossimo atto di questo prodigio é tra meno di una settimana.
Dal Campo alla Lavagnetta
Quello che ci lascia questa partita sono sicuramente varie considerazioni tattiche su cui i due staff degli allenatori inevitabilmente lavoreranno molto in settimana.
Il metronomo umano del Barcelona: Pedri
Potrei quasi dimenticare che Pedri ha da poco compiuto 23 anni: nel 2002 nasceva un ragazzino destinato a dettare i tempi del Barça come un veterano. Ogni tocco è calibrato, ogni passaggio studiato, ogni movimento – suo o altrui – orchestrato per mettere in crisi l’avversario. Lo vedi controllare il ritmo, spaziare con la mente e far girare la squadra intorno al suo piede: un vero professore del gioco, eppure ancora giovanissimo per il mondo del calcio. È pazzesco quanto il Barça faccia già affidamento su di lui: un metronomo naturale, che trasforma la giovane età in un’arma tattica.
La palla alta dietro le spalle dei difensori: la fallace più grande della difesa a 3
C’è un taglio che fa sempre tremare il terzo difensore in un 3-5-2: la palla a giro alle sue spalle, tra lui e il quinto di centrocampo. In quella zona, difendere diventa un rompicapo. Il braccetto, spesso portato ad accentrarsi per compattare il blocco, perde il contatto visivo col suo uomo e, quando si gira per rincorrere, è già troppo tardi. Il pallone — che arriva da lontano, magari da una fascia o dalla trequarti opposta — cade nello spazio più difficile da coprire. Esempio lampante é ovviamente il gol del 2-2 del Barcelona analizzato nel dettaglio di seguito.
Quei mezzi spazi creati dalla distanza fra 3º e 5º di difesa
In una difesa a cinque, i “mezzi spazi” tra il centrale e l’esterno sono segnali di pericolo, enormi nel caso in cui i centrocampisti avversari siano Pedri e De Jong. Sono gli stessi vuoti che nascono anche tra il centrale e i braccetti, e se sfruttati a dovere sono in grado di demolire questo sistema. Il Barça, che saggiamente ha piantato Dani Olmo proprio in quell’interzona di destra: tra terzo e quinto, o tra centrale e braccetto, costringe i difensori a un “o mi prendi, o lasci libero” portando a occasioni da gol potenzialmente in entrambi i casi. Quel “buco” ha infatti fatto sì che il mancino di Lamine Yamal abbia potuto incantare milioni di appassionati: il gol, seppur sia arrivato da una giocata da extraterrestre del 19 è reso possibile dallo spostamento “jolly” di Olmo.
Gli enormi spazi lasciati liberi a causa delle scelte tattiche di Flick
Penso che il titolo di per sé sia abbastanza autoesplicativo perché quando il Barça alza il baricentro, il suo 4-2-3-1 diventa un 3-4-2-1: Koundé scala in mezzo al campo e agisce da esterno di centrocampo, spingendo i quinti altissimi per un pressing asfissiante. High risk, high reward direbbero in Inghilterra perché nei momenti d’assedio è devastante, ma se non recuperi la palla gli avversari si ritrovano praterie da sfruttare.
Ma invece di affidarsi alle mie parole, guardate cosa succede sulla lavagnetta tattica: il video con voice-over illustra perfettamente come i 22 si muovono, corridoi si aprano dietro i terzini avanzati e come l’Inter possa e debba sfruttarli in ripartenza per dimostrarsi degna di una possibile finale.
¡Attivare l’audio per la spiegazione del concetto appena espresso!
Analisi di “un gol” per parte a dimostrazione delle considerazioni tattiche
Ferran Torres 2-2 38’
Come già spiegato nel paragrafo precedente questo gol é il coronamento perfetto da mostrare nelle scuole calcio di quella che é la falla più grande della difesa a 3 a blocco medio o basso. Sicuramente in molti contesteranno il fatto che non siano molti i giocatori al mondo capaci di mettere palloni del genere col contagiri ma quello da me citato in precedenza é un fatto.

E’ facilmente intuibile da quest’immagine che Bisseck può davvero poco davanti a una situazione del genere proprio perché fisicamente impossibilitato di vedere la partenza e il preciso scatto del suo diretto marcatore.

Questo infatti fa si che il braccetto di difesa nerazzurro sia tagliato fuori contemporaneamente sia sul lancio di Pedri sia sulla sponda di Rapinha per il centro dell’area di rigore in quanto bloccato a metà fra la marcatura e un’eventuale copertura favorendo così un gol “facile” ai padroni di casa.
Henrikh Mkhitaryan gol annullato per fuorigioco 75’
A quindici minuti dal termine della partita si ha uno degli esempi più lampanti di ciò che ho spiegato a parole e con la lavagnetta tattica. Nel caso in cui il portiere é infatti costretto a rilanciare in un momento in cui però il Barcelona non era in stato di assedio arrivare in porta per i loro avversari diventa molto più semplice, sopratutto per lo stile di gioco dell’Inter di Simone Inzaghi.


Come evidenziano le immagini é enorme lo spazio lasciato dal Barcelona non solo alle loro spalle per la trappola del fuorigioco ma anche in determinate zone del campo favorendo così una manovra semplice e veloce ai loro avversari che non si fanno pregare due volte.
Una volta spostato il pallone in fretta sul lato destro del campo anche un bambino sarebbe capace di capire cosa convenga fare in un’azione del genere e la fascia destra dell’Inter non si fa pregare due volte.

Dumfries infatti, non appena entra in possesso del pallone, e vede i tre suoi compagni di squadra scattare verso la porta li serve con un pallone basso ad aggirare la difesa che Mkhitaryan, seppur in fuorigioco di pochi cm, piazza alle spalle del portiere.
Riflessione conclusiva
Martedì prossimo, a San Siro, non la vincerà la squadra con la tattica più raffinata. Non conterà tanto la lavagnetta o lo studio avvenuto in settimana — o almeno, non solo. La differenza infatti la farà chi scenderà in campo con la testa più leggera, con la mente più lucida. Perché sì, San Siro sarà bollente e le pressioni le sentiranno tutti quanti — ma in fondo è proprio lì che si vede chi ha la stoffa per spostare gli equilibri.
I primi 45 minuti saranno già una sentenza per chi entra con il piede sbagliato. E poi, dopo 15 minuti di autocritica negli spogliatoi, sarà come se iniziasse un’altra partita, tutta nuova, con un altro livello di intensità e altri margini d’errore. A quel punto conterà solo chi è davvero pronto a lasciarsi tutto alle spalle e giocare per scrivere la propria storia.
Rimanete pronti e sintonizzati: settimana prossima, qui, il match report che racconterà tutto.